È questa la conclusione cui sono giunte le Sezioni specializzate in materia di impresa del Tribunale di Roma, con l’interessante provvedimento qui pubblicato, reso lo scorso mese di aprile nell’ambito di un’azione sociale di responsabilità promossa contro il Presidente del Consiglio di Amministrazione ed il direttore generale di una società a responsabilità limitata.
L’aspetto rilevante della decisione è proprio il principio secondo cui anche le scelte organizzative degli amministratori ricadrebbero nell’ambito dell’attività gestoria e sarebbero dunque insindacabili, salva l’applicazione dei limiti giurisprudenziali posti alla regola della business judgment rule.
Il ragionamento del Tribunale di Roma ha preso le mosse dalla tradizionale distinzione tra gli obblighi degli amministratori di società di capitali c.d. specifici e quelli c.d. generici: i primi prescrittivi di condotte dal contenuto determinato, cui gli amministratori sono tenuti a uniformarsi pena la loro responsabilità personale in caso di danno; ed i secondi che, invece, non specificano il comportamento dovuto quanto piuttosto le modalità con cui gli amministratori sono tenuti ad agire nell’espletamento del loro mandato (con diligenza e in assenza di conflitto di interessi).
Tra questi ultimi rientrano gli obblighi relativi alle scelte gestionali: la legge non impone all’amministratore di intraprendere solo iniziative imprenditoriali che siano sempre e comunque profittevoli, ma gli impone di perseguire l’interesse sociale con diligenza; di tal che, le scelte gestionali dell’amministratore che abbiano generato un insuccesso economico non sono di per se’ fonte di responsabilità, pur potendo diventarlo se adottate senza il rispetto dell’obbligo generico di agire con diligenza, in modo informato ed in assenza di conflitto di interessi (la c.d. business judgment rule).
Il controllo sull’opportunità e la convenienza economica delle scelte degli amministratori spetta, infatti, soltanto ai soci nei confronti del consiglio di amministrazione ed a quest’ultimo, collegialmente, nei confronti dei delegati, ed essi possono esercitarlo mediante la revoca dell’amministratore o delle deleghe precedentemente conferite. Nondimeno, restano comunque sempre sindacabili:
- sia la diligenza nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, al fine di non esporre l’impresa a perdite altrimenti prevenibili;
- sia la ragionevolezza della scelta, non essendo sufficienti la raccolta di informazioni e l’adozione di verifiche appropriate, ma essendo richiesto che le informazioni e le verifiche abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse.
Con specifico riferimento all’obbligo di curare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società̀, il Tribunale di Roma ha ritenuto che anche la funzione organizzativa rientri nel più vasto ambito della gestione sociale e debba quindi essere esercitata con un insopprimibile margine di libertà; sicché anche per essa vale il criterio della insindacabilità sia pur entro i limiti appena esposti e, cioè, che la scelta effettuata sia razionale, non sia ab origine connotata da imprudenza tenuto conto del contesto e sia stata accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
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